Il Coronavirus ci sta cambiando la vita? Ne parliamo con lo psicoterapeuta pugliese Andrea-Renè Angeramo
20 Marzo 2020Stiamo vivendo giorni complicati, in cui la chiusura forzata in casa sta cambiando le nostre abitudini e il modo di vedere le cose. Ma per capire come e quanto il Coronavirus incide sulla nostra vita oggi e quanto potrà farlo anche in futuro, abbiamo girato alcuni quesiti ad uno psicologo e psicoterapeuta pugliese che vive e lavora a Roma: ecco cosa ci ha spiegato, in modo diretto e semplice, Andrea-Rene’ Angeramo.
R: In questo periodo particolare, molte persone predisposte accentuano comportamenti di tipo compulsivo, ad esempio c’è chi pulisce in modo ossessivo la casa e gli indumenti. Secondo il Suo parere, quali sono i modi per arginare il rischio di cadere in vere e proprie nevrosi più o meno gravi?
ARA: Gli atti compulsivi sono degli automatismi instaurati per corrispondere ad una necessità di precisione e di ordine, volta a ricreare un insieme di senso ormai perduto. Il meccanismo sottostante è ripristinare, attraverso una sequenza ordinata che può essere ordinare, controllare, pulire, etc. un controllo sulla propria vita e sugli eventi. Ancora più concretamente: nel momento in cui instauro una sequenza di gesti automatici e ripetitivi, avrò conseguentemente la percezione di governare la mia esistenza e il mio senso di corrispondenza.
Ovviamente è un’illusione, per lo più disfunzionale. Questa epidemia ha sconvolto radicalmente il senso di normalità, la gestione del tempo e degli spazi, le relazioni sociali. In alcune persone, soprattutto nei cosiddetti stili di personalità “outward”, ovvero individui rivolti verso l’esterno particolarmente sensibili al contesto, questo stato di cose può diventare particolarmente destabilizzante, quindi causare atti compulsivi, il più delle volte accompagnati da vere e proprie ossessioni. Non è detto, però, che questa fenomenologia possa sfociare in un disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) vero e proprio. Sarebbe opportuno staccarsi dai media, praticare in casa percorsi di meditazione, riflettere sul senso di questo cambiamento, magari focalizzando l’attenzione sul senso di efficacia personale, ovvero portare a termine lavori che prima non si riusciva a concludere. Questo potrebbe aiutare a prevenire l’insorgere di patologie minacciose per il benessere soggettivo e la salute mentale.
R: Ci sono persone che, per diversi motivi, si trovano a vivere la quarantena forzata in casa lontane dai propri cari, quindi da soli. Quali sono gli accorgimenti per vivere con serenità questa condizione, soprattutto se non si è abituati alla solitudine?
ARA: E’ impossibile illudersi di non vivere la solitudine se si è costretti, per cause di forza maggiore. Purtroppo non siamo più abituati alla noia, al silenzio, soprattutto i bambini; questo per lo più determinato dall’avvento dei social media e dalla digitalizzazione costante, ora anche dei corpi fisici. Piuttosto andrebbe cambiata la radice del senso. Aumentare la percezione di engagement (il grado di dedizione e coinvolgimento) abituarsi alla presenza a sé, accettare il tempo per come viene e come si presenta, momento per momento. In questo, i protocolli di Mindfulness MBSR (stress-reduction) sono particolarmente efficaci: sviluppano accettazione di sé, assenza di giudizio e riflessione.
R: Cosa abbiamo da imparare noi tutti da questa situazione del tutto nuova che ci troviamo ad affrontare?
ARA: Qui desidero azzardare un pensiero più filosofico che psicologico: occorre ridefinire l’importanza dell’altro, il senso dell’alterità, l’importanza degli affetti. Imparare che il tempo sia un valore qualitativo, più che quantitativo. Mi auguro che serva a ridefinire anche il senso di spazio: riscoprire il valore di una passeggiata, del contatto con un negoziante, rivalutare il senso di identità sociale e collettiva. Non si può costruire una vita pensando di fare tutto sul proprio smartphone. Ricordo una frase dei miei primi esami di psicologia all’Università di Bari: “l’idea di costruire una psicologia su base meramente individuale è impossibile“. Ecco, io credo che questo concetto si possa trasferire anche alla vita di ognuno di noi. Ricordiamoci, per concludere questa domanda, gli insegnamenti pervenuti dalla scoperta dei neuroni specchio (di cui ho avuto la fortuna di avere come docente uno degli scopritori, Vittorio Gallese): il senso dell’altro è neurologicamente situato.
R: Secondo Lei, come potrebbero cambiare gli scenari del mondo del lavoro, una volta ritornata la normalità?
ARA: Sicuramente lo smartworking, il lavoro agile, può essere una soluzione adottabile anche per il futuro, post COVID-19. L’idea di portare il lavoro a casa, essere legati maggiormente agli obiettivi che agli orari, è una realtà ormai studiata da anni in psicologia del lavoro (MBO – management by objectives). Credo che il passaggio più difficile sia da assumere per le aziende, non tanto per i dipendenti. Occorre una rivoluzione culturale innanzitutto nella valutazione del risultato. Valutare la performance è una scienza (non esagero): non basta dimostrare di sapere lavorare bene mandando quantità enormi di mail oppure rispondendo a telefonate in orari improbabili. Occorre sapere distinguere l’impegno dalla simulazione, la performance dalla finzione. La parte più difficile sarà quella di assegnare autonomia ai dipendenti, in assenza di controllo. Anche la condivisione, prassi essenziale per il raggiungimento di qualsivoglia obiettivo aziendale. Questa è la sfida principale. In questo gli psicologi possono dare un grande contributo, essendo studiosi di motivazioni e di errore umano. Non dimentichiamoci che anche lavorando da casa, esiste un diritto alla disconnessione, ovvero spegnere i dispositivi lavorativi, superata una certa soglia oraria.
R: Il Coronavirus ha creato distanza fisica tra le persone, ma secondo il suo punto di vista questo atteggiamento potrebbe perdurare, alterando le dinamiche sociali?
ARA: La scommessa più grande sarà il ritorno alla normalità. Passato questo periodo di allerta, dove le paure e il sistema limbico connesso alle emozioni primarie risulta particolarmente attivabile rispetto al cervello superiore, quello più razionale (aree corticali), occorrerà ridefinire la propria quotidianità, le proprie abitudini. Sarà difficile all’inizio, ma i processi di razionalizzazione e la naturale tendenza dell’essere umano all’adattamento, ci porteranno a rivivere presto il tempo perduto. Ne sono convinto.
R: Ansia, attacchi di panico e paura di morire: aumentano in maniera esponenziale questi disturbi, legati alla particolare situazione che stiamo vivendo. Un consiglio su come affrontare un disturbo di questo tipo e quando è il caso di chiedere aiuto ad uno specialista.
ARA: Noi psicoterapeuti utilizziamo sempre questo temine, diagnosi differenziale, ovvero quella diagnosi che permette di fare differenze tra patologie simili. La diagnosi “differenziale” tra stati ansiosi patologici/attacchi di panico oppure semplice preoccupazione/timore per questo strano e inconsueto periodo, è la capacità di controllo e la percezione di poter governare gli eventi. Quando il disturbo prende il sopravvento e la persona si sente vittima degli eventi, allora in quel caso si può chiedere un aiuto concreto allo specialista psicoterapeuta. Non escludo comunque la possibilità di confrontarsi con uno specialista anche per un semplice consiglio oppure per un confronto. Desidero fare un appello importante: diffidate di persone improvvisate che non figurino come psicologi/psicoterapeuti. In questo periodo, fioriscono persone improvvisate e senza titolo alcuno per lavorare nel campo della cura psicologica. Ci sono tanti psicologi-psicoterapeuti disponibili on-line. Cercateli sempre nell’albo degli psicologi, pubblicati anche su internet. Saremo ben felici di aiutare chiunque in questo periodo di epidemia.
Bio
Andrea-Rene’ Angeramo è psicologo psicoterapeuta di origine pugliese, e istruttore Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR). Responsabile del settore counseling presso l’Accademia RUFA – Rome University of Fine Arts, svolge attualmente l’attività clinico-psicoterapeutica a Roma. Ricopre, dal 2014, l’incarico di collaboratore di ricerca in Psicologia della Salute e Psicosomatica, settore scientifico-disciplinare M-PSI/08, presso l’Università Europea di Roma.
E’ autore di pubblicazioni e docenze soprattutto in ambito psicosomatico, e speaker in Italia e all’estero, dove esplora il ruolo dei processi decisionali e motivazionali in ambito scolastico/professionale.