Un viaggio in Puglia alla scoperta del Salice Salentino DOC

Un viaggio in Puglia alla scoperta del Salice Salentino DOC

10 Maggio 2022 0 Di Cristiana Lenoci

Il patrimonio paesaggistico, alla stregua di quello storico e artistico, è quello che rende il Salento una terra affascinante e amata ormai anche a livello internazionale. Non bisogna però sottovalutare le tradizioni antichissime che sopravvivono sul territorio e soprattutto il suo patrimonio enogastronomico, fatto di piatti piuttosto modesti e poveri ma molto gustosi, innaffiati con vini che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale e non solo.

Tra questi spiccano la Malvasia, il Negroamaro, il Primitivo e soprattutto il Salice Salentino DOC.

La vitivinicoltura in Salento: il Salice Salentino DOC

 

C’è un termine preciso, dialettale, che viene utilizzato in Salento per chiamare il vino: è mieru e deriva non dal romano, come avviene per la parola vino (da vinum), ma dall’illirico Mir che significa fatto bene. La coltivazione delle viti in Salento risale infatti al 2000 a.C. e in epoca romana i suoi vini avevano una buonissima reputazione: lo stesso Orazio ad esempio paragonava i vini salentini con il celebre Faerno Campan, che a quei tempi era considerata una vera eccellenza vitivinicola.

Un certo cambiamento nel campo della vinificazione in Salento avviene solo nel 1870, quando i vitigni arrivano a un’estensione di quasi 300 ettari: il Salento arriva a soddisfare persino la richiesta di vino proveniente dalla Francia, quando le viti del paese d’Oltralpe furono colpite dalla fillossera.

Questa malattia colpì poi negli anni ‘20 anche i vigneti pugliesi e salentini, che riuscirono a rimettersi in piedi più avanti rinnovandosi, con mezzi e sistemi di produzione più tecnologici e avanzati. Dalla produzione di vino sfuso si passò a quella in bottiglia, con etichette che sono riuscite a guadagnarsi la Denominazione di Origine Protetta.

Tra queste c’è il Salice Salentino DOC, la cui zona di produzione è appunto il territorio comunale di Salice Salentino, ma anche quello di Veglie, Guagnano, Campi Salentina, San Pancrazio Salentino, San Donaci e Cellino San Marco.

Si narra che il primo a imbottigliare il Salice Salentino sia stato un certo Charles Poletti nel 1943, ai tempi in cui era addetto all’approvvigionamento delle truppe alleate in Italia. L’uomo venne per caso a conoscenza del vino prodotto da un’azienda di nome De Castris: era il Salice Salentino e subito se ne innamorò, tanto da decidere di imbottigliarlo in semplici bottiglie di birra, ovviamente riciclate, in quanto in tempi di guerra le vetrerie salentine erano pressoché ferme.

Alla scoperta della terra d’origine del Salice Salentino DOC

 

Il Salice Salentino DOC è sia rosso che bianco che rosé, oltre ad esserci anche la varietà aleatico liquoroso dolce, aleatico dolce e pinot bianco. Le uve utilizzate per la sua produzione sono quelle della Malvasia nera di Lecce, della Malvasia Nera di Brindisi e del Negroamaro.

Il rosso, dalle tonalità rubino, ha un gusto vellutato e robusto, mentre all’olfatto si rivela piuttosto intenso e vinoso.

Il Salice Salentino bianco è in realtà di un giallo paglierino con sfumature verdognole ed è prodotto con un minimo di 75% di uve Chardonnay; il rosé, prodotto con il 75% di uve di Negroamaro, è molto fresco al palato e ha un intenso profumo fruttato.

Vivere un’esperienza enogastronomica in questa zona è sicuramente affascinante, se si sceglie anche di soggiornare in un Wine Hotel, come il Leone de Castris, che permette ai suoi ospiti di scoprire la storia della propria azienda e degustare il proprio vino.

Cosa vedere a Salice Salentino

 

Per conoscere e degustare il Salice Salentino DOC nella sua culla, non bisogna fare altro che raggiungere l’omonimo borgo distante da Lecce circa 20 km. La cittadina è stata fondata da Raimondello Orsini Del Blazo nel XIV secolo e il suo nome non fa altro che rimandare alla presenza di salici nel territorio circostante l’abitato. Passa di mano in mano a grandi signori e famiglie, dai baroni Zurlo a Ferdinando d’Aragona, dai marchesi Albricci ai Filomarini di Cutrofiano.

Il borgo è piccolo, ma ricco di cose da vedere, a partire dal Castello Monaci risalente al ‘500, ma restaurato nel XIX secolo: questa elegante dimora, oggi ricca di opere d’arte all’interno, è stata voluta da Raimondello Orsini Del Balzo. La facciata, quasi completamente ricoperta di verdeggianti piante rampicanti, è impreziosita da torri angolari circolari che le donano un eterno aspetto vagamente difensivo.

Il principale luogo di culto di Salice Salentino è la Chiesa Parrocchiale di S. Maria Assunta, edifico barocco risalente al XVII secolo e con all’interno pregevoli opere come un dipinto raffigurante Cristo morto, una bellissima cantoria dei primi anni del ‘700 e altari seicenteschi.

Da vedere anche la Cappella della Madonna del Latte, sita precisamente sulla strada per Avetrana, a soli 3 km dal centro di Salice Salentino. La chiesetta risale al XVI secolo ed è ancora oggi meta di una processione che i cittadini fanno nei periodi di particolare siccità, per chiedere la pioggia. Anche le donne puerpere si recano in chiesa per avere sempre abbondante latte per sfamare i propri figli.

Questa chiesa è divenuta recentemente famosa per il ritrovamento di una lettera scritta dal grande poeta Giacomo Leopardi nel 1832 e indirizzata ad Antonio Ranieri. Pare che la missiva sia stata rubata a Napoli per essere, per qualche strano motivo, nascosta in questo piccolo angolo di Salento che tanto profuma di vino.