
L’Erasmus ai tempi del Covid-19: l’esperienza del pugliese Marco Merra in Francia
11 Maggio 2020L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Coronavirus ha influenzato ogni settore della nostra vita, arrivando come un tornado a sconvolgere qualsiasi “piano” o programma. E’ una storia singolare, quella del Marco Merra, venti anni, studente di Filosofia presso l’Unisalento di Lecce originario di Cerignola (Fg), che si è ritrovato a passare la quarantena completamente solo a Bordéaux, la metropoli francese che aveva raggiunto a gennaio scorso per trascorrervi il periodo previsto dal progetto ERASMUS, promosso dall’Unione Europea.
In adesione al progetto, gli studenti possono cambiare residenza della propria Università e per alcuni mesi, 4 nel suo caso, vanno a studiare la stessa materia in un’università straniera. Così ha fatto Marco, la cui permanenza a Bordéaux è stata però bloccata a metà del percorso dal confinamento imposto per l’emergenza Covid-19.
Lo abbiamo intercettato per chiedergli di raccontarci questa esperienza sicuramente diversa da quella che aveva immaginato di vivere da studente che raggiunge un paese straniero avendo aderito al progetto ERASMUS.
“Sono arrivato in Francia, a Bordéaux, il 20 Gennaio 2020. Per forza di cose, un po’ per mia volontà, un po’ a causa delle circostanze, ho deciso di restare qui appena è cominciato il periodo di confinamento. Innanzitutto i voli messi a disposizione dalla Farnesina per rimpatriare erano tutti molto costosi e complessi (due scali aerei e due treni da integrare per tornare a Cerignola) e oltretutto molto pericolosi per quanto riguarda la trasmissione del virus; inoltre ho l’opportunità di questo soggiorno una sola volta nella vita e mi sarebbe dispiaciuto partire senza aver salutato tutti gli amici che ho conosciuto; infine avendo ancora a disposizione un mese di soggiorno a Bordéaux a fine confinamento, ecco spiegata la mia decisione di rimanere.
Il governo ci ha promesso di agevolarci per tornare e di fare il possibile per far sì che tutti i cittadini italiani riuscissero a rimpatriare ma così non è stato. Ho trascorso qui in casa da solo quasi due mesi, continuando a sostenere gli esami in via telematica, superandoli tutti. Il mio percorso universitario quindi non si è bloccato, per fortuna (a differenza di molti miei colleghi in Puglia). Quindi dopo due mesi chiuso in casa il periodo più duro del mio progetto è quasi finito poiché da domani (11 maggio) il confinamento totale finalmente finirà”.
R: Cosa hai imparato da questo periodo di quarantena forzata, trascorso per di più in un paese straniero e lontano dalla tua famiglia e amici?
MM: Ho sicuramente imparato il valore della responsabilità, visto che alla notizia del confinamento ho dovuto fare da solo in pochissimo tempo delle scelte importantissime, in primis se e quando ritornare in Italia piuttosto che trascorrere qui la quarantena confinato in casa da solo. Una cosa nuova che ho provato e che mi porterò nella valigia è stato l’aver “subìto razzismo“, sì perché qui in Francia prima che il virus si diffondesse tanto da chiudere il paese noi italiani eravamo visti come degli untori, e se ciò all’inizio mi faceva ridere e ci scherzavo su’ a lungo andare ha cominciato a stufarmi. Adesso capisco cosa hanno vissuto i cinesi in Italia. È esagerato chiamare questi individui razzisti perché più che altro li considero degli ignoranti o al limite dei “poveri a loro” (pauvres ad eux): si è sempre lo straniero di qualcuno e adesso che ho provato questa sensazione, tra una battuta sulla mia nazionalità e gente che al mio ingresso al bar scappavano letteralmente a gambe levate, adesso gli xenofobi mi fanno ancora più ridere e nello stesso tempo più innervosire che mai.
R: Quando tornerai a casa?
MM: Il progetto terminerà il 31 maggio prossimo, ma non riesco a trovare un modo semplice per tornare, visto che le compagnie aeree stanno sistematicamente cancellando tutti i voli e quello messo a disposizione dalla Farnesina costa più di 250 euro (alla faccia degli aiuti per i rimpatri!) ed è solo da Parigi fino a Roma; spero comunque di ritornare il 20 giugno. Certo mi rendo conto di non far parte di una delle migliori generazioni di viaggiatori ERASMUS, ma in fin dei conti non mi ritengo sfortunato, quello lo sono gli operatori sanitari che lavorano 14 ore al giorno, i governatori che devono gestire questa situazione e le tante vittime della pandemia, a me è stato solo chiesto di restare a casa per un po’ di tempo ed insomma questo a differenza del virus credo proprio che non abbia mai ucciso nessuno. Può sembrare strano ma non ho fretta di tornare, sto bene qui e visto che il peggio è passato non vedo l’ora di tornare gradualmente a riprendermi la mia vita e il mio meritato soggiorno francese… me lo merito proprio!
Certo, non è stato un bel periodo per Marco, o meglio non come se lo era immaginato. Ma si sa i giovani hanno mille risorse, e sicuramente questo studente in Filosofia ha già trovato il modo di guardare all’esperienza fatta con ottimismo e lungimiranza. Bravo Marco!