Lucia Magnifico, artista di Cerignola (Fg): le sue opere nei cataloghi ufficiali del Premio Sgarbi

Lucia Magnifico, artista di Cerignola (Fg): le sue opere nei cataloghi ufficiali del Premio Sgarbi

29 Giugno 2021 0 Di Cristiana Lenoci

L’arte è un’attitudine, un modo di intendere e vedere la vita. A riprova di ciò, ecco la storia personale ed artistica di una pittrice pugliese, originaria di Cerignola (Fg), raccontata con grande professionalità da Roberto Russo, giornalista e filmaker, che l’ha incontrata e intervistata. A corredo dell’articolo c’è anche un video che ritrae l’artista mentre dipinge e crea le sue splendide opere.

Conosciamo meglio Lucia Magnifico, la pittrice di Cerignola che nel 2021 si è guadagnata l’attenzione del prestigioso Premio Vittorio Sgarbi.

RR: Lucia, sei dipinti firmati da te saranno pubblicati sui rispettivi cataloghi ufficiali del Premio e una tua opera selezionata dal noto critico d’arte sarà esposta a Ferrara il prossimo Ottobre. Ti va di raccontarci qualcosa di te e della tua pittura?

LM: Io parto dal disegno, fin da bambina avevo un grande amore per il disegno e un grande timore per il colore, perché ero molto brava con il disegno, ma mi mancavano i colori adatti. All’epoca erano più disponibili i pennarelli e i colori a cera, mentre io preferivo le matite colorate.

RR: Ricordi cosa rappresentava il tuo primo disegno?

LM: Una madre e una figlia. Ricordo che alla scuola elementare la nostra maestra ci chiese un disegno ispirato alla poesia per la festa della mamma. Io disegnai una bambina che offriva in dono la poesia stessa alla sua mamma. La maestra sorpresa e compiaciuta, disse alle sue colleghe. “Guardate cos’ha fatto questa bambina!” Mi propose così di disegnare a mano ventidue copie per i bambini della mia classe. Accettai con entusiasmo e, mentre i miei compagni  facevano lezione, io iniziai a fare il primo, il secondo, il terzo, finché, arrivata al quindicesimo, la mia insegnante disse: “Ma non è possibile, è piccola, non possiamo sfruttarla così, non mi sembra giusto, fermati. Sorteggeremo questi  quindici e i più fortunati porteranno a casa la letterina disegnata e colorata da te!

RR: Dopo quell’episodio hai continuato a disegnare?

LM: Sempre, il fatto che altri approvassero o meno non incideva, per me era una necessità. Per esempio, tra i nove e i dieci anni, andavo al mare e tutti gli altri bambini erano presi da sabbia, secchielli, tuffi…  Anche a me piaceva, però, quando gli altri facevano il pisolino perché era troppo forte il caldo, io guardavo  i miei zii e i miei cugini che prendevano il sole e, siccome nel mio zainetto portavo sempre una matita e dei fogli, facevo i loro ritratti che poi partivano per Torino.

RR: Qualche anno dopo hai conosciuto il pittore professionista Carmine Festa.

LM: Sì, è stato il mio insegnante di Educazione Artistica alle scuole medie e lui capì subito qual era la mia attitudine primaria. Ricordo un episodio: si avvicinava il Natale, e prima delle vacanze il professore ci dà un compito che consisteva nel realizzare quindici lavori con materiali diversi. Erano esperimenti per imparare ad armonizzare i colori. Io ero così entusiasta che il secondo giorno  avevo già terminato il lavoro. Tornata a scuola dopo le feste, la mia compagna di banco temeva l’arrivo del professore perché non aveva fatto neanche un disegno.

Allora io, dispiaciuta per lei e per evitarle una severa punizione, le dò alcuni dei miei fogli. Il professore passa tra banchi, guarda i lavori della mia compagna e non dice niente, poi guarda quelli degli altri, infine guarda i miei e dice: “Alzati in piedi! Tu vuoi prendere in giro me?” E, visibilmente irritato: “Questi lavori  sono i tuoi e domani voglio parlare con tuo padre!” Per me fu un trauma, perché fino ad allora i miei genitori non erano mai stati convocati a scuola per episodi negativi che mi riguardavano. Il giorno dopo, il professore. dopo essersi mostrato ancora severo, davanti a mio padre mi dà una pacca sulla spalla e dice: “Questa ragazzina farà strada!”.

RR: All’età di diciotto anni, hai anche frequentato per qualche tempo la bottega del maestro Carmine Festa. Cosa hai imparato da lui?

LM: Mi ha colpito la sua professionalità e la sua confidenza con gli strumenti del mestiere. Mi ha detto: “Siediti, questo è un mio quadro, questa è la tua tela bianca, questa è la matita, riproducilo e fai come vuoi”. Quando ho cominciato, lui mi guardava, i suoi occhi sorridevano e io capivo che era compiaciuto.

A un certo punto mi ha detto: “Ragazzina tu farai strada perché rispetto a molti altri che a Cerignola si dicono pittori, tu sei già una pittrice!”. A lui piacevano le mie pennellate. È vero che avevo riprodotto un suo quadro, ma non era una copia identica, c’erano già le mie pennellate, piccole spatolate, colpi di colore non diluito. Mentre lui diluiva tutto e poi spalmava col pennello, io lasciavo il colore appoggiato sulla tela, affinché da solo diventasse luce, volume, forma. Il colore è protagonista nei miei lavori.

RR: Cosa rappresenta per te il colore?

LM: La materia. Degli esseri umani si dice che sono corpo e anima. Nei quadri il disegno è la parte spirituale perché nasce dal talento e dalla visione dell’artista, ma il colore, così come la natura ce lo dà, è l’aspetto materiale e io non lo altero, perché anche la materia chiede rispetto. Molto spesso i miei quadri sono opachi perché non diluisco il colore, lo uso puro.

RR: I colori li scegli istintivamente?

LM: Sì, ma io sono attratta da un’estetica. Per me la bellezza è armonia. Quando forma, colore e luce stanno bene insieme, si ottiene una “sinfonia” gradevole. La vita e l’arte sono musica.

RR: Cosa significa per te essere un’artista autodidatta?

LM: Sono orgogliosa di esserlo perché mi rende libera e rispetta anche la mia natura istintiva. Un artista deve essere in grado di creare qualcosa di nuovo che non è la ripetizione fotografica della realtà, ma una rielaborazione personale del soggetto riprodotto. È importante essere leali con sé stessi.

RR: Ti sorprende il fatto che oggi sempre più persone dimostrano di apprezzare la tua arte?

LM: Non mi sorprende perché ho sempre dipinto per amici, parenti, parrocchie, e già lì ho avuto i miei piccoli riconoscimenti. Sapevo che se lavori bene, la gente ti premia. Mi hanno sempre detto: “Ma sai che sei brava?” Dipingo da trent’anni e ci sono state anche delle lunghe pause, tuttavia non ho mai smesso di dipingere con la mente e di elaborare uno stile nuovo. Se viviamo intensamente la nostra vita, le nostre esperienze ci aiuteranno a fare dei capolavori. Per  me vita, arte e relazioni umane sono la stessa cosa.

RR: Come nasce lo stile di un tuo quadro?

LM: Non c’è nulla di stabile. Uno stile ti può piacere per anni, perché ti permette di dire quello che hai dentro, ma quando non è più così, non bisogna avere il timore di cambiare.

RR: Quindi lo stile si può anche considerare come un indicatore della sincerità d’animo dell’artista?

LM: Certo, ammesso che la sincerità sia il fine dell’artista.

RR: Oggi il tuo stile si avvicina ad una concezione grafica della pittura, con colori vivaci e tratti decisi. Cosa significa?

LM: Che ho fatto pace col mio passato. I vecchi dipinti in stile sfumato parlano di una ragazzina che temeva di mostrarsi.

RR: Prima sorella maggiore, poi madre di quattro figli ormai da diversi anni, e oggi anche nonna. Immagino non sia stato facile conciliare le esigenze della famiglia con quelle dell’arte.

LM: Quando ero molto giovane non lo capivo, pensavo che fosse così per tutti. Non mi sono mai lamentata, chi si lamenta perde solo tempo. Per me la negatività viene dalla negazione dell’attività, l’unico modo per vincerla è la creatività, ovvero “creare attività”. Mi svegliavo di buon mattino e, dopo aver fatto il necessario per la mia famiglia, di notte, quando tutti dormivano, io dipingevo. Avevo solo diciotto anni e due figli e ho fatto dei lavori dei quali oggi io stessa mi stupisco. Mi chiedo: “Ma come ho fatto all’epoca a dipingere mia madre e mio padre con una foto piccola quanto il palmo di una mano?” Volevo fare il ritratto ai miei genitori e mia madre mi diede un piccolo provino fotografico color seppia , dal quale io seppi  trarre i colori originali. A poco più di vent’anni avevo già tante esperienze sulle spalle, anche molto dolorose.

RR: Alcune sofferenze nascono proprio all’interno della famiglia…

LM: È lì che nasce la solitudine: quando non vuoi distaccarti da ciò che ami, nonostante sia motivo di sofferenza, allora ti costruisci un rifugio tutto tuo per ricaricarti e tornare ad amare, perché è quello l’obiettivo, amare chiunque, sempre e comunque. Se dovessi fare la radiografia alla mia anima, io mi definirei “il buon seminatore”, quella che vuole seminare sempre il bene, l’ottimismo.

RR: Alla luce di tutte le esperienze che hai fatto, cosa pensi oggi dell’amore?

LM: Che è armonia. L’amore non è mai guerra né resistenza né sacrificio. Armonizzare significa vibrare, continuare a illuminare, essere colorati sempre e non sbiadire.

RR: Restando nella metafora musicale, oggi ti definiresti più una solista o una direttrice d’orchestra?

LM: Una solista. Sono la primogenita della mia famiglia e quando ero bambina non vedevo l’ora di diventare il direttore della mia casa, ora invece capisco che non c’è cosa più bella che tornare ad essere allievi.

RR: Tra gli eventi che hanno influenzato la fase più recente della tua pittura, si può collocare la tua amicizia professionale col pittore Gioacchino Loporchio. Cosa ti ha colpito della sua arte?

LM: Gioacchino dipinge senza ombre la realtà che immagina. La sua visione della vita richiama molto il mondo fantastico e giocoso dell’infanzia. Il confronto con la sua pittura ha cambiato il mio rapporto con la luce, liberandomi dal contrasto luce-ombra e dalla solitudine nel la quale amavo rifugiarmi in passato.

RR: Possiamo dire che il miracolo che la pittura ha fatto per te consiste proprio nella tua scoperta di avere diritto alla felicità?

LM: Una persona, tanti anni fa, quando dipingevo un quadro al giorno, mi chiese: “Come fai a trovare il tempo per dipingere con le mille cose che hai da fare?”  Risposi: “È una terapia, una tela bianca rappresenta per me un nuovo giorno che posso riempire con ciò che desidero, senza che gli altri decidano per me”.

RR: Le tue personali vicende di vita però non smettono di influenzare la tua arte.

LM: Ovviamente. C’è un quadro che ho intitolato “Le quattro stagioni”, che ha seguito passo passo alcuni episodi cruciali della mia vita. All’inizio raffigurava una donna vigorosa che reggeva un arco, ma poi la donna si ritrova mutilata, senza braccia, senza gambe, senza neanche più la bocca per parlare, gli occhi per guardare, ma solo un accenno del tronco, i seni e il ventre leggermente gonfio di chi  ha avuto figli.

RR: Mentre dipingi ti è mai capitato di sentirti come in trance?

LM: La mia arte nasce anche da un grande rapporto con la teologia e la spiritualità. In effetti, spesso la mano va da sé, e la forza dello spirito prende il sopravvento sulla materia. Credo fortemente nella capacità del pittore di guarire sé stesso e gli altri attraverso il proprio lavoro.

Questo è uno dei sei dipinti di Lucia Magnifico pubblicati su uno dei sei cataloghi del Premio Vittorio Sgarbi. In ogni catalogo è presente una diversa opera della pittrice pugliese. 

Questo è il logo che Lucia Magnifico ha creato per sè: una rondine tra i fiori perchè, come lei stessa ama ripetere, parafrasando Gandhi, “possono uccidere tutte le rondini, ma non impediranno l’arrivo della primavera”.