Brunella Filì, regista pugliese: il suo film “Alla Salute” sfata il tabù del cancro

Brunella Filì, regista pugliese: il suo film “Alla Salute” sfata il tabù del cancro

12 Luglio 2019 1 Di Cristiana Lenoci

La Puglia è terra fertile di giovani e appassionati registi, film maker, documentaristi che cercano di raccontare storie attraverso le immagini catturate in movimento: molti, come Brunella Filì, prendono ispirazione proprio dalla loro terra, ed è dalla Puglia che partono per girare pellicole e documentari che possano catturare l’attenzione del pubblico e, soprattutto, emozionarlo.

Brunella, barese di origine ma trasferita da anni a Milano, è titolare della casa di produzione “Offcinema Doc”, e pur essendo abbastanza giovane ha già all’attivo numerosi premi e riconoscimenti per i lavori che ha realizzato. Attualmente sta lavorando al suo terzo film. Il primo, girato nel 2014, è intitolato “Emergency Exit, young Italians abroad”, racconta storie di giovani italiani che hanno scelto di emigrare all’estero. Pur trattandosi di una pellicola indipendente, completata grazie ad una produttrice statunitense, Beth Di Santo, è riuscita a sbarcare su Netflix, rimanendovi fino a Maggio del 2018.

L’anno scorso, invece, Brunella Filì ha presentato al “Biografilm Festival” di Bologna un film che ha fatto e sta ancora facendo discutere. Si chiama “Alla Salute”, ed è sicuramente un docu-film assai coinvolgente, e che suscita in chi lo guarda alcune riflessioni sulla malattia e sulla vita in generale. La pellicola nasce dalla richiesta di un amico, Nick Difino, di “dare voce” alla sua malattia, dato che aveva scoperto da poco di avere un cancro.

Abbiamo raggiunto Brunella durante il tour di presentazione del film in varie sale cinematografiche italiane per rivolgerle qualche domanda al riguardo.

R: Abbiamo guardato alcuni video in cui spieghi il progetto che ha dato vita al film “Alla Salute” e ci hanno molto colpito. Come si riesce a parlare di malattia senza perdere di vista la vita e la speranza?

B: Alla Salute è un film molto coinvolgente per me, perché nasce dalla richiesta di un amico in un momento particolare: la scoperta di avere un cancro. Un pugno nello stomaco, un percorso duro da affrontare e da raccontare. Tuttavia, il film cerca di rispondere a una domanda: “si può essere felici anche se gravemente malati?”. Dunque, l’idea alla base del film non è stata quello di raccontare la malattia, ma mostrare una possibile reazione ad essa, nonostante tutto: è stato quello che mi ha colpito di più nella storia di Nick, che ha vissuto tutto in prima persona, con il coraggio della condivisione. È questo che rende Alla Salute un film pieno di speranza: l’amore per la vita, la forza, la tenacia che ognuno di noi è capace di opporre al dolore più assurdo, trovando un senso anche dove sembra non esserci. Non si soffre da soli, se siamo capaci di aprirci a una comunità. Questo è ciò che mi ha ‘insegnato’ a fare questo film e che ho cercato di mettere in luce.

R: In quali aspetti del tuo lavoro emerge la pugliesita’ o l’essere barese?

B: Nei miei film ormai è una costante la presenza del mare – e questo credo sia un segno distintivo del legame che ho con la mia terra. Specialmente quando ho affrontato il tema dell’emigrazione, mi sono resa conto di non poterne fare a meno, esattamente come tanti di noi che vivono da tempo fuori. Sono fortunata perché posso tornare spesso.

R: Cosa ne pensi del fatto che molti registi e attori scelgano la Puglia come location per i loro film?

B: Credo che in molti, me compresa, decidano di girare film qui non solo per questo o per il buon cibo e l’ottima accoglienza, ma anche per l’efficace lavoro della nostra film commission (Apulia film commission). Inoltre, la Puglia è una terra piena di storie e suggestioni, molti luoghi conservano intatte usanze e tradizioni altrove perdute, che sono sicuramente fonte di ispirazione. Il mio prossimo film “Sea Sisters” ambientato fra Gallipoli e la Norvegia, mostrerà in parte questi aspetti, anche in relazione alla condizione femminile.

R: Hai fatto una lunga gavetta?

B: Non ho fatto una lunga gavetta, dopo l’Università ho fatto varie esperienze sui set fra Bologna e Roma, ma quasi subito ho capito che volevo fare le ‘mie’ cose, raccontare le storie che erano importanti per me. Così ho deciso di partire con la mia telecamera per girare il mio primo film “Emergency Exit” che racconta le storie dei giovani Italiani all’estero, per dare voce alla nostra generazione. Sono andata a incontrarli e ascoltarli, in un viaggio a tappe fra Europa e Stati Uniti, partendo proprio dalla Puglia verso Londra, Parigi, New York, Bergen, Vienna e Tenerife. Dopo numerosi premi in Festival internazionali – nonostante fosse un film indipendente e a basso budget, completato grazie a una produttrice americana – Emergency Exit è stato uno dei pochi documentari italiani a essere distribuiti su Netflix al suo arrivo in Italia, ed oggi è visibile su Google Play.

R: Quali sono i grandi registi a cui ti ispiri?

B: Sicuramente Gianfranco Rosi, grande documentarista italiano, è stato uno dei miei primi ispiratori, con i suoi film, soprattutto i primi, che hanno cambiato il modo di percepire il documentario, consacrandolo definitivamente come “Cinema”. Dal punto di vista del linguaggio e dell’approccio, i miei preferiti poi sono Scorsese, Loach, Moretti, Bertolucci, Sokurov.

Il calore del pubblico e il positivo riscontro dopo ogni film spingono Brunella a ripartire con più slancio di prima. Ora è di nuovo al lavoro, e noi le auguriamo di poter ottenere ancora premi e riconoscimenti per la sua tenacia e la sua bravura.

Brunella Filì al lavoro sul set di uno dei suoi film