Caffè, sapore nero.

Caffè, sapore nero.

5 Marzo 2019 1 Di Vincenzo Barnabà

“Il caffè giunge nello stomaco e tutto mette in movimento: le idee avanzano come battaglioni di un grande esercito sul campo di battaglia; questa ha inizio… i pensieri geniali e subitanei si precipitano nella mischia come tiratori scelti…”
Questo è solo uno degli innumerevoli aforismi scritti da Honorè de Balzac sul caffè: nettare nero, dagli effetti eccitanti e risveglianti. In pochi sarebbero in grado di iniziare la propria giornata attivamente, senza esso. Amaro, con zucchero di canna, col dolcificante, accompagnato dallo zucchero bianco; diversi sono i modi attraverso cui esso può essere assunto.

Eppure c’è una regola che accomuna i degustatori più esigenti di questa bevanda, ossia la cosiddetta “sciacquata di bocca”: il caffè va servito rigorosamente accompagnato da un bicchiere d’acqua, per permettere al consumatore di poterne gustare sino a fondo il sapore, cosa possibile solo dopo aver “sciacquato” la bocca con un sorso d’acqua. E guai amari sono per quei bar, in cui il caffè non è accompagnato da un bicchiere d’acqua: secondo i più esigenti, spetta un posto nell’inferno a coloro che richiedono un supplemento per un bicchiere d’acqua fresca.
Il caffè non è una semplice bevanda. È un rito, una coccola, una carezza, un lusso alla portata di tutti: entrare in un bar, ben illuminato, degustandolo in piedi poggiati ad un bancone sempre lindo, da un barista impettito, con camicia, cravatta e grembiule nero, chiedere una tazza di caffè e ritrovarsi innanzi una tazzina bianca, calda, senza nessun segno d’usura, con di fianco un cucchiaino argenteo inclinato di 45° entrambi poggianti su un piattino, fa sentire l’avventore un re. Una veloce “sciacquata” di bocca con un bicchiere d’acqua e poi via, il caffè caldo scende: delizia il palato col suo sapore amarognolo, dilata le pupille e risveglia i neuroni ancora addormentati. Una giornata che inizia con tali presupposti, non può che essere ottima.
Oltre che il risveglio mattutino, esso offre anche momenti di pausa; a metà mattinata, o nel pomeriggio, il caffè dà la carica giusta per poter ricaricare le pile e continuare la giornata. Inoltre, esso può essere presentato in modi diversi: accompagnato in tazza grande assieme a del latte, con la tazza ricoperta internamente di cioccolato, assieme a latte e cacao, o come sono soliti gli americani, lungo e in tazza grande, seppur in questo caso la lavorazione e la macchinetta utilizzata per la preparazione è totalmente differente. Poi, ci sono le varianti: c’è chi preferisce la cara vecchia Moka, chi non resiste al sapore delle cialde perché non sa resistere alla schiumetta marrone chiaro tipica di tale preparazione, mentre per i tradizionalisti c’è a’ cuccumella, meglio nota come caffettiera napoletana. Questa ultima si differenzia dalla moka per un particolare che può suonare strano: mentre nella Moka il caffè sale dal basso verso l’alto, per poi riversarsi attraverso un beccuccio posto in alto nel serbatoio del caffè, nella cuccumella il serbatoio della bevanda, che raccoglie la bevanda stessa e che si incastra sul serbatoio dell’acqua, con già alloggiato al suo interno il contenitore del caffè comprensivo di filtro già avvitato. Il serbatoio della bevanda è provvisto di beccuccio, da cui esce il caffè che si è formato per il passaggio dell’acqua bollente attraverso la polvere, mediante gravità. Il contenitore finale, così come il serbatoio dell’acqua, ha un manico che viene utilizzato per brandeggiare l’apparecchio. Caratteristica tipica della cuccumella è la “capovolta” che essa deve compiere durante la fase finale, quando il caffè inizia a riversarsi nel serbatoio; per tale motivo, la Moka, ideata dai cugini francesi, ha preso il posto della caffettiera nostrana.


Infine, piccola curiosità sulle origini: esse sono sconosciute. O meglio, esse pare che esso sia nato in Etiopia, ma a tal riguardo non vi sono certezze. Si dice che a notarne gli effetti eccitanti fu un pastore, le cui capre dopo aver masticato foglie e bacche del caffè, passarono una notte insonne. Le prime tracce certificate della sua esistenza si trovano nello Yemen, dove nel XV secolo era attiva una caffetteria. La prima città italiana in cui il caffè giunse, fu Venezia, i cui abitanti potettero degustarlo a partire dal ‘500 grazie agli intensi rapporti commerciali di cui viveva la città. Nel resto d’Europa le sue bacche giunsero nel secolo successivo: eppure allora, contrariamente ad adesso, il caffè era ritenuto una bevanda di lusso, il cui costo in Inghilterra per una libbra, si aggirava intorno ai 40 scudi, tantissimo per i tempi.

La diffusione avvenne a partire dal XVIII secolo, quando il largo consumo ne abbassò il prezzo, giungendo al prezzo irrisorio a cui siamo abituati ora.
Che sia preparato con una cialda, o con una moka, cosa ci fai ancora avanti allo schermo? Corri a bere un caffè!