
La guerra del pomodoro tra Puglia e Campania: il punto di vista di un agricoltore
25 Marzo 2021Eā scontro aperto sul pomodoro IGP Napoli tra le due Regioni conosciute in tutto il mondo per il business legato appunto alla presenza dellāoro rosso. Cosa cāĆØ dietro questo apparente conflitto di interessi tra Puglia e Campania circa la denominazione IGP assegnata al pomodoro partenopeo?
Possiamo capirlo in modo facile e diretto ascoltando la spiegazione ed il punto di vista di un agricoltore di Cerignola (Fg), Claudio Di Lernia.
āIl pomodoro in scatola più venduto al mondo che i Napoletani hanno valorizzato identificandolo con il marchio āPomodoro IGP Napoliā altro non ĆØ che il pomodoro lungo, coltivato e raccolto nella zona del Tavoliere delle Puglie. Questo tipo di pomodoro viene acquistato dai trasformatori provenienti per lo più dalla zona di Salerno che lo mettono a bollire, lo privano della pelle e lo mettono in barattolo per commercializzarlo.
Eā come se il pomodoro del Tavoliere delle Puglie vivesse due volte: la prima volta quando viene coltivato nei campi fino alla raccolta. E la seconda quando arriva nello stabilimento, per essere pronto a passare negli scaffali del supermercato.
LāIGP che la Regione Campania ha chiesto per il suo prodotto riguarda la āseconda vitaā del pomodoro pugliese coltivato in Capitanata, cioĆØ quello che passa attraverso la fase industriale che non avviene nel nostro territorio.
Per questo si tratta di una guerra senza senso, che i produttori pugliesi (di Capitanata) vogliono fare agli industriali salernitani. Nulla vieta, ai produttori pugliesi, di chiedere lāIGP per il pomodoro crudo che loro coltivano.
Gli industriali campani hanno chiesto ed ottenuto lāambita denominazione per il pomodoro pelato che appunto ĆØ il frutto della seconda fase, successiva a quella della coltivazione nei campi.
La responsabilitĆ del fallimento pugliese in questo ambito non ĆØ da imputare agli altri, ma allāincapacitĆ della politica e degli agricoltori stessi di creare una moderna cultura del lavoro che impieghi maggiori risorse umane ed economicheā. (Claudio Di Lernia, agricoltore di Cerignola-Fg)
Quando si parla di pomodoro pugliese, a molti viene purtroppo subito in mente la triste condizione del caporalato in cui versano i lavoratori durante la campagna di raccolta dei pomodori.
Sarebbe invece auspicabile lavorare insieme alla realizzazione di una filiera del pomodoro che riesca ad rendere la Puglia protagonista consapevole e responsabile anche della fase di trasformazione e di successiva commercializzazione del prodotto.
Certo bisogna investire un minimo di risorse, si tratta quindi di una scelta politica? ChissĆ . Ai posteri l’ardua sentenza.