
Settimana Santa: i Riti che precedono la Pasqua in Puglia
16 Aprile 2019
L’approssimarsi della Pasqua si identifica, per i pugliesi cattolici e non, con lo svolgimento di una serie di Riti dotati di una forte carica di tradizione e folklore popolare. I Riti della Settimana Santa sono numerosi e diversi, e rappresentano in maniera più o meno fedele la storia originaria della Passione di Gesù Cristo.
Sono diversi gli elementi che accomunano un po’ tutte le località: le confraternite che “animano” le cerimonie sacre, spesso contraddistinte da abiti lunghi e il capo interamente coperto da cappucci forati solo all’altezza degli occhi; i canti e le marce funebri a rimarcare il clima di lutto; le processioni, organizzate a volte in ore improbabili per rimarcare il senso di sacrificio e sofferenza di chi vi partecipa.
Tra le città con i riti più suggestivi, eccone alcune in particolare.
Partiamo da Taranto: qui le processioni, dette nazzicate, sono vere e proprie marce della durata di 14/15 ore. La prima, il pellegrinaggio della Beata Vergine Addolorata ha inizio nel cuore della notte, alle 24 del giovedì Santo, e l’intera processione si muove immersa nel silenzio, rotto dal suono della troccola, uno strumento musicale di legno e metallo. Fulcro del rito è la statua della Madonna, che viene portata per le vie della città. Il Venerdì Santo è caratterizzato dalla Processione dei Misteri, generalmente caratterizzata da statue portate a spalla lungo le strade, raffiguranti i momenti salienti della passione di Cristo. Nel caso di Taranto, la sua durata complessiva è di 15 ore, a partire dalla 17 del venerdì Santo.
Anche a Bitonto sono due i riti più importanti: la prima delle due è la processione dei Misteri, parte alle quattro del venerdì Santo e culmina con la recita della Via Crucis alle 9 del mattino, in via Vittorio Emanuele. Al tramonto dello stesso giorno, invece, si muove la sfilata più importante. Fino alle prime luci dell’alba, la processione di Gala fa scorrere lungo le strade del centro storico una delle tre copie della Sacra Sindone. Un pezzo raro al mondo. Questa è preceduta dalla statua dell’Addolorata, circondata da 111 candele, uniche fonte di luce lungo il passaggio, insieme ad altre torce ai bordi delle strade.
A Ruvo di Puglia invece il rito più importante avviene proprio il giorno di Pasqua, ed ha impresso in sé un significato gioioso, collegato alla rinascita: si tratta dello scoppio delle Quarantene, dei fantocci, tutti vestiti di nero, appesi agli angoli delle strade ruvesi dalla notte del martedì grasso fino alla domenica di Pasqua, quando vengono distrutti. Simboleggiano il periodo di privazione e penitenza, se vogliamo anche la morte, che viene sconfitta al passaggio di Cristo.
Nella mattina della domenica di Pasqua questa breve processione, tutta festante, attraversa le strade della città passando proprio lì dove sono appese queste figure inquietanti. Il loro scoppio attraverso un petardo simboleggia la vittoria della vita sulla morte e della gioia sul sacrificio.
Spostandosi nella provincia di BAT, vi è un’altra processione dal significato tutt’altro che gioioso: la Desolata di Canosa di Puglia. In essa sfilano per le vie del paese centinaia di donne vestite di nero e col volto velato, che cantano la disperazione della Madonna per la morte del Cristo. La Processione parte dalla Chiesa dei Santi Francesco e Biagio e percorre le vie principali della città. Sono coinvolte circa 300 donne, che con il loro pianto trasmettono agli spettatori una grande carica emotiva.
Spostandoci nel foggiano, a S. Severo, troviamo una settimana santa piena di riti: il primo avviene il giovedì Santo, in cui vengono visitati 7 Sepolcri. Il venerdì Santo, 3 processioni partono da tre diverse chiese: Pietà, Trinità e S. Agostino. Il culmine viene raggiunto nella stessa mattinata, quando nella piazza della città le statue raffiguranti Maria e Cristo provano ad abbracciarsi, ma l’abbraccio è impedito da una croce di legno.
Altra caratteristica importante dei riti Pasquali pugliesi è la loro incredibile somiglianza con i riti della settimana santa tenuti in Spagna: la spiegazione di tale fenomeno è fornita in maniera impeccabile dal sociologo Roberto Cipriani, professore di Sociologia presso l’università di Roma 3, nel corso di una Lectio Magistralis tenutasi sabato scorso presso la Chiesa del Purgatorio di Cerignola (Fg).
Secondo il sociologo, tali somiglianze vanno attribuite alla dominazione spagnola, da attestare attorno al secolo IX e protrattasi in maniera non del tutto continua sino al secolo XVIII, per poi riprendere nel corso dell’Ottocento. Una tale dominazione ha contaminato usi, tradizioni e lingua, creando punti di contatto tra due culture geograficamente lontane. Cipriani si scaglia contro gli ecclesiastici che non approvano lo svolgimento dei riti, tesi a riprodurre gli spostamenti di Cristo; perché farlo se egli è già risorto?
Secondo Cipriani, tale atemporalità è presente anche nell’arte: ad esempio, l’incisore Albrecht Durer rappresenta nella sua serie di xilografie “Ecce Homo” con le piaghe, nonostante egli non sia ancora morto; per cui, è lecito che i riti manchino di temporalità, essendo la sua mancanza accettata nel mondo dell’arte. Gli stessi riti, non rispettano i tempi delle sacre scritture: i giorni e gli orari in cui si tengono, ad esempio, sono mutati negli anni.
La lezione del professor Cipriani si incentra anche attorno alla figura del Cristorosso, l’uomo che porta la croce, più pesante per lo più, e che si trova in testa alla processione; la sua presenza è fondamentale: egli rappresenta il cristo che sofferente, ciondolante, trasporta la croce verso il luogo della crocifissione. La sua importanza si evince dal colore della tunica indossata, ossia il rosso, colore riservato per la firma, ai soli imperatori.
Ma il rosso è anche il colore del sangue, che rimanda alla morte e al dolore, e dei papaveri, che fioriscono durante la primavera, la stagione che rappresenta la nascita, nonché il periodo dell’anno in cui di solito cade la Pasqua: tutto è irrimediabilmente legato al tema centrale della Pasqua cristiana, ossia la Risurrezione. Attraverso video e testimonianze il professore ripercorre la storia dei riti, notando anche gli elementi immutati nel tempo, tra cui il Cristorosso, figura storica che sopravvive nel tempo.

Articolo realizzato da Rita Diliddo