L’appello di Franco Arminio ai giovani meridionali: “Tornate al Sud”

L’appello di Franco Arminio ai giovani meridionali: “Tornate al Sud”

23 Agosto 2019 2 Di Cristiana Lenoci
Franco Arminio

Nei versi di una poesia, struggente e cruda come la realtà, il poeta, scrittore e paesologo Franco Arminio si rivolge a tutti i giovani che lasciano il proprio paese di origine per cercare “fortuna” nell’Italia del Nord o all’estero. Una poesia che invita alla riflessione, e alla quale segue il commento/testimonianza di Giovanna Di Virgilio, un’imprenditrice agricola pugliese che ci ha raccontato la sua esperienza.

“Tornate al Sud“.

Una volta l’emigrante

spediva i soldi a casa.

I paesi sono pieni di case

fatte coi soldi degli emigrati.

Ora il giovane laureato

che emigra a Milano

si compra lì la casa coi soldi dei genitori

oppure lavora solo per mangiare

e pagare il fitto.

L’emigrazione è un furto

e i popoli costretti ad emigrare

sono popoli derubati.

Bisogna dirlo forte e chiaro

ai ragazzi meridionali:

tornate qui

e buttate dalle scale

i sindaci addormentati,

chiedete ai governanti

perché qui si muore due anni prima che al nord,

chiedete perché non ci sono treni,

chiedete perché non vengono fermati

i criminali.

Tornate presto, non pensate

se è conveniente per la vostra vita,

tornate qui per un moto di rabbia,

tornate perché non state in un mondo

più avanzato di quello che avete lasciato.

Ecco, cominciate la grande migrazione

al contrario: qui avete una cosa vuota

che vi aspetta, la casa che vostro nonno

ha costruito coi soldi dell’emigrazione:

voi qui potete accendere la vita,

altrove al massimo potete tirare avanti

solo la vostra vita.

Giovanna: “Arminio dice il giusto: vi racconto la mia storia”

Mi chiamo Giovanna Di Virgilio, sono nata nel 1973 a San Paolo di Civitate, un piccolo paese della provincia di Foggia. Io sono un’imprenditrice agricola e vivo qui in Puglia. Sin da piccola ho sempre desiderato andare via per studiare: inizialmente i miei non hanno dato peso alle parole di una bambina, ma poi hanno dovuto ricredersi perché ho sempre dimostrato di avere le idee molto chiare. Appena ho terminato le scuole medie, a soli 14 anni, ho deciso di lasciare il mio paesino e sono andata a vivere in Umbria, con una mia zia.

Mi sono quindi ritrovata in una città del Centro Italia, a soli 14 anni, e per di più sono sempre stata una timidona! Per gli Umbri io ero una “straniera” dall’accento spesso incomprensibile, ho pianto tanto, ho dovuto impegnarmi e sgomitare tanto per farmi spazio in uno spazio che non mi apparteneva, che non sentivo mio. Ma non mi sono arresa, neppure quando la nostalgia di San Paolo di C. e dei luoghi della mia spensierata infanzia mi faceva salire un groppo alla gola difficile da mandare giù. Ho portato a termine il Liceo cercando di tornare spesso a casa, almeno alle “feste comandate”: Natale, Pasqua e i mesi estivi. Ogni volta che ritornavo mi sentivo sempre più ricca dentro, avendo la possibilità di vivere in un posto diverso e più stimolante rispetto ad un paesino del Sud Italia.

Dopo cinque anni trascorsi in Umbria ho deciso di tornare nella mia amata Puglia, ho cercato la mia strada e per fortuna l’ho trovata:  la terra acquistata dai miei genitori, un rudere che è stato ristrutturato e adibito ad agriturismo, con animali e l’aria che profuma di vita.

Quando sono ritornata in Puglia avevo 19 anni, e intanto le mie amiche erano partite quasi tutte per studiare all’Università lontano da San Paolo: Bologna, Milano, Parma. A me tutto questo sapeva di poco: sono solo nomi, sono solo città, posti non tuoi, dove la parola “radici” non esiste, dove si vive una quotidianità frenetica, c’è traffico, si vive in case piccolissime, in condomini anonimi. Chi studia o lavora esce di casa al mattino e ritorna stremato alla sera, la maggior parte delle volte si è soli.

Guardando le loro vite (quasi tutte uguali e scandite da ritmi a mio avviso disumani e usuranti) mi veniva in mente il lavoro di un poliziotto penitenziario, costretto a lavorare dietro le sbarre di un carcere ogni volta, senza aver commesso alcun reato.

Io non sono nata per vivere dietro una scrivania, non riuscirei a vivere in quattro mura senza un piccolo giardino, senza poter raccogliere erbe selvatiche nei campi.

Ho avuto il coraggio di restare qui, nel piccolo paese in cui sono nata, nell’azienda di famiglia, ad affrontare tanti ma tanti problemi e difficoltà, ma adesso è mia, e quindi se continuo a lottare è perché voglio lasciare qualcosa di autenticamente mio ai miei figli.

Io non lotto per qualcun altro, non lavoro per altri, non sono la serva di nessuno. La mia lotta (che porto avanti insieme ad altri miei compaesani) consiste nel far rinascere San Paolo di Civitate, ad esempio cercando di non farlo monopolizzare dall’eolico.

Essendo l’unico fazzoletto di terra “vergine” in questa terra martoriata che è la Puglia, lottiamo tutti insieme affinchè si riaprano le case abbandonate all’interno del centro storico, in modo da ripopolare il nostro Borgo, realizzando scene di vita contadina, organizzando momenti di degustazione prodotti tipici, arte, musica.

Avremo vinto la nostra “lotta” quando vedremo tornare la vita in quelle viuzze ormai abbandonate al loro destino. Franco Arminio dice: “Meglio vivere con 800 euro a Bisaccia che con 1500 a Parma, Milano, Torino. Io sono pienamente d’accordo con lui. Quando la gente mi dice di scegliere la vita in città “perché c’è tutto” io gli chiedo: “Ma quel tutto tu te lo puoi permettere?” Puoi permetterti di spendere soldi in quei negozi dalle vetrine agghindate come il paese dei balocchi nella favola di Pinocchio? Puoi permetterti di mangiare al ristorante ogni week end della settimana? E’ vero: la città ti offre tante possibilità di crescita professionale e lavorativa, ma non puoi andare via con un sogno da realizzare e poi ritrovarti in una metropoli inquinata dallo smog a fare il cameriere. Vorrei sapere il fine del loro modo di vivere 10 ore di lavoro dal lunedì al sabato, non vedere mai la famiglia, non potersi permettere una vacanza perché “costa troppo”, che senso ha? 

Si sono mai chiesti qual è il senso di questa vita?

I giovani dovrebbero capire che per andare via dal Sud, dal paese di origine in cui si è nati e cresciuti, bisogna avere uno scopo che valga la pena di affrontare sacrifici a volte anche enormi. Non è giusto andare in un altro luogo d’Italia a fare lo schiavo di un miraggio, perdendo la “memoria”, ossia non sapendo più lo scopo per cui si è partiti.

Dopo un po’ di tempo si perde tutto: la memoria, le radici, i ricordi, ed anche il sorriso. Poi queste persone tornano in estate e vedono il paesello come un “brutto anatroccolo”, che noi invece stiamo aiutando a diventare un cigno meraviglioso in grado di spiccare il volo. Ovviamente non cerchiamo di cambiare chi non vuole farlo: noi proviamo a far aprire gli occhi solo a chi è disposto a farlo. Ci sono giovani che hanno bisogno di credere nei sogni come noi: e siamo qui per farlo INSIEME.

Il senso della mia vita invece è lottare ogni giorno per far emergere la mia azienda , collaborando con altre aziende del posto. Voglio che il nome di San Paolo di civitate venga letto , scritto , sentito per cose buone. Questa è la mia vittoria, e anche se sbatto contro il muro io non mollo, non vado via.  

Due volte all’anno vado a Milano a presentare i piatti pugliesi: se solo volessi potrei diventare ricca trasferendomi lì a preparare ricette tipiche. Ma a che scopo? A che fine? Op rimango qui a lottare perché sono fermamente convinta nella possibilità di una rinascita di questo posto meraviglioso e di tutto il Sud Italia.  

Alle future generazioni  mi sento di dire: Andate lontano, prendete ciò che ritenete bello e buono per migliorare la vostra terra e poi tornate per lottare insieme a noi. Non rimanete schiavi di un sogno che non può diventare realtà.  

LA RIVOLUZIONE È RIMANERE

LA RIVOLUZIONE È TORNARE E LOTTARE

Giovanna Di Virgilio

Imprenditrice agricola presso Masseria Difensola, San Paolo di Civitate (Fg)

Giovanna Di Virgilio
San Paolo di Civitate durante la festa patronale.