Spinazzola: Boom di views dopo l’uscita di Tolo Tolo.

Spinazzola: Boom di views dopo l’uscita di Tolo Tolo.

15 Gennaio 2020 0 Di Vincenzo Barnabà

Tolo Tolo”, la nuova pellicola di Luca Medici, in arte Checco Zalone, è ad un passo dai 42 milioni d’incasso totale e c’è chi dice che è stato proprio il piccolo borgo murgiano a portargli fortuna: Spinazzola, infatti, diventata nel film il luogo per identificare il Sud di chi sogna e vede poi naufragare il suo sogno all’indomani del fallimento del suo progetto imprenditoriale, negli ultimi giorni è sulla bocca di tutti grazie alle riprese del nuovo film tutto Made in Puglia che conferisce vigore e carattere alla nostra terra.

Ma di Spinazzola, all’interno del lungometraggio che tanto sta dividendo a metà il popolo italiano, non si percepiscono solo immagini del territorio ma bensì. si parla anche per la gastronomia e del suo prodotto più conosciuto: la salsiccia a punta di coltello. Una ricaduta di immagine certamente positiva per la cittadina murgiana, più volte nominata nella prima parte del film.

Ed ecco che i milioni di spettatori che hanno visto il film, sono stati sicuramente spinti a cercare su Google informazioni più precise su dove si trovasse la cittadina e magari hanno pure pensato di visitarla. Soddisfatto il sindaco di Spinazzola, Michele Patruno che ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Inizia con i fuochi d’artificio il 2020 per la nostra città”.

Intanto gli spinazzolesi hanno lanciato attraverso i social network e il passaparola. L’idea è quella di conferire la cittadinanza onoraria a Luca Medici e chissà che l’invito non venga raccolto in tempi brevi dall’amministrazione comunale. Non è la prima volta che Spinazzola viene scelta come set cinematografico, basti pensare alla regista di origini lucane, Lina Wertmuller che ha ambientato proprio qui il film “Ninfa plebea”. Il cineturismo è certamente una straordinaria opportunità di crescita e di promozione di un territorio o di un luogo, con importanti ricadute turistiche e ritorni di immagine. Basti pensare a quello che sta accadendo in Austria, dove il suggestivo e fiabesco paesino di Halstatt, che con il nome di Arendelle fa dà sfondo al nuovo capolavoro della Disney “Frozen 2”, è stato letteralmente preso d’assalto dai turisti, tanto da costringere l’amministrazione a respingere le frotte di visitatori.

 

TOLO TOLO – MANTIENE IN EQUILIBRIO SUL CRINALE DELLA CORRETTEZZA POLITICA, COLPENDO A 360°.

Spinazzola, cuore delle Murge pugliesi. Checco rifiuta il reddito di cittadinanza e apre un sushi restaurant ma, dopo l’entusiasmo iniziale, fallisce miseramente e decide di fuggire dai creditori e dal fisco “là dove è possibile continuare a sognare”: ovvero in Africa, dove si improvvisa cameriere per un resort esclusivo. Lì incontra Oumar, cameriere con il sogno di diventare regista e la passione per quell’Italia conosciuta attraverso il cinema di Pasolini. Improvvisamente in Africa scoppia la guerra e i due sono costretti a emigrare, anche se Checco non punta all’Italia ma ad uno di quei Paesi europei in cui le tasse e la burocrazia sono meno pressanti che nel Bel Paese. A loro si uniranno la bella Idjaba e il piccolo Doudou (“come il cane di Berlusconi”). Riusciranno i nostri eroi (l’espressione non è usata a caso) a portare a termine il “grande viaggio da clandestini”?

Nel copione si vede poco la mano di Virzì, fagocitata dalla bulimia narrativa di Checco, e la prima parte del film ne risente, meno fluida e coerente di quanto gioverebbe alla storia, soffocata da quella incessante voce fuori campo che va a sostituirsi allo sviluppo narrativo visibile. Ma a mano a mano che la storia prende ritmo e quota, acquistando la velocità crescente della farsa, si comincia a ridere davvero.

In Tolo Tolo (che significa “solo solo”) ce n’è per tutti: politici incapaci dalle vertiginose carriere, migranti innamorati delle griffe (di pessima resa qualitativa), nostalgici mussoliniani (perché “il fascismo ce l’abbiamo tutti dentro, pronto a riemergere, come la candida”) e buonisti favorevoli alla “contaminazione” etnica. Nella sua rappresentazione a tutto tondo dell’italiano medio e dei suoi difetti ricorrenti, Checco fugge da un Paese “che ci perseguita”, invitando l’immediata identificazione del pubblico. Lo stesso pubblico sarà poi messo di fronte alle proprie meschinità e ipocrisie, ai suoi pregiudizi ed egoismi, nonché alla banalità di certi slogan populisti e all’inettitudine della politica.

 

Nell’apoteosi finale Zalone affonda il colpo con una canzonetta da Zecchino d’oro che toglie ogni dubbio sulla sua posizione morale. Ma fino a quel momento si mantiene in equilibrio (da par suo) sul crinale della correttezza politica, non con qualunquismo cerchiobottista ma con la determinazione scientifica a menare fendenti a destra e a manca, colpendo a 360°.