
Sushi, “Quando il Giappone incontra l’Italia” . Storia, curiosità e locali pugliesi.
10 Marzo 2019
In questi anni, un nuovo trand ha colpito le papille gustative di migliaia di adolescenti e adulti; stiamo parlando del Sushi: Piatto tipico della cucina giapponese che fonda le sue energie unendo una base di riso ad altri ingredienti come pesce, alghe, vegetali o uova.
Il suo ripieno, raffinato e prelibato, è prettamente crudo e può essere servito appoggiato sul riso, arrotolato in una striscia di alga, disposto in rotoli di riso o inserito in una piccola tasca di tofu. Il sushi, adattato con il tempo ai ritmi veloci della cucina “Street food”, è riuscito ad attrarre a sé l’interesse di svariati target di persone e nel giro di dieci anni si è imposto sul mercato italiano grazie al suo gusto deciso ma gradevole; difatti, nonostante la nostra tradizione culinaria faccia scuola nel mondo, una gran parte degli Italiani sembra essere letteralmente impazzita per queste mini-creazioni tutte “Made in Japan”. Sulla scia di questo fenomeno, ecco che l’Italia intera si è fusa con il mondo Occidentale per dar spazio al mondo del classico “all you can eat” (dove a poco prezzo si mangia fino a non poterne più) o quello prelibato del “Gourmet” dove il budget sale a seconda dei piatti selezionati. Insomma, è inutile sottolineare che “Il sushi, oramai, è la nuova tendenza!”.

I RISTORANTI IN PUGLIA
Pertanto, secondo un recente classifica del sito d’informazione “TripAdvisor”, anche nella nostra città si è largamente diffusa la presenza di ristoranti di Sushi e, nonostante l’elevata concentrazione proprio nel centro di Brescia e del resto del nord Italia, quelli più apprezzati risultano essere sui laghi di Iseo e Garda. Ma se è vero che Sirmione ne conta addirittura tre, la Puglia non è rimasta a guardare: Nel Salento ecco che nasce Sushisalento, a Polignano a mare spunta “Puro” mentre nella BAT iniziano a garantirsi una fetta di successo “Zenzero”, “Taku”, “Kiama” e “Kaori”. Si inseriscono di diritto nella lista anche “Hagakure – Fusion Restaurant & Sushi Bar” e “kaiten Taku” a Bari, a Foggia “L’Oriente Sushiko” e a Cerignola il “Sayuri – Japanese Cult&Style”.
I TIPI DI SUSHI IN VENDITA
Il Sushi si può presentare in svariati modi a seconda dello stile personale, ma la regola generale di presentazione è la semplicità; ed è proprio da questo ideale che ne nascono 7 varietà differenti:
-Makizushi (“sushi arrotolato”): Una polpettina, cilindrica o conica, formata con l’aiuto di un tappeto di bambù detto makisu.
- Futomaki (“rotoli larghi”): Una polpetta cilindrica, con il nori all’esterno, tipicamente alta due o tre centimetri e larga quattro o cinque.
- Hosomaki (“rotoli sottili) : Una polpettina cilindrica, con il nori all’esterno, tipicamente alta due centimetri e larga due.
- Temaki (“rotoli mano”): Una polpetta a forma di cono, con il nori all’esterno e gli ingredienti che sporgono dall’estremità larga.
- Oshizushi (“sushi pressato”): Un blocco formato usando una forma di legno detta oshibako. Il cuoco allinea il fondo dell’oshibako con la guarnizione, lo copre con riso sushi e preme il coperchio della forma per creare un blocco compatto e rettangolare.
- Nigirizushi (“sushi modellato a mano”): Piccola polpettina di riso pressato a mano, spesso con una punta di wasabi, con una fettina sottile di guarnizione sopra.
- Inari / Inarizushi (“sushi ripieno”): Una piccola tasca o cavità riempita con riso sushi e altri ingredienti. La tasca viene ricavata da un pezzo di tofu fritto da una sottile frittata o da foglie di cavolo. Le origini del sushi sono molto incerte quanto all’epoca. L’opinione più diffusa è che sia stato portato dai monaci buddhisti tornati dalla Cina nel VII secolo.

LA STORIA DEL SUSHI
La terminologia” Sushi”, tradotta dal giapponese, significa “aspro”.
Le origini del sushi sono molto incerte quanto all’epoca. L’opinione più diffusa è che sia stato portato dai monaci buddhisti tornati dalla Cina nel VII secolo. Molto simile al sushi fu una preparazione che comparve in Giappone già con l’introduzione della coltivazione del riso, intorno al IV secolo a.C., variante di un antico metodo per conservare il pesce molto diffuso in Asia sud-orientale e in Cina: il pesce crudo veniva disposto a strati con il sale alternato al riso e tenuto pressato per qualche settimana; in seguito veniva lasciato fermentare per mesi. Questo tipo di sushi si chiama narezushi, ancora molto apprezzato nella zona di Tokyo. Nel XVII secolo si cominciò ad aggiungere aceto di riso per abbreviare i tempi di fermentazione del riso e il pesce veniva marinato o cotto.
Fu soltanto intorno al 1820 che comparve a Edo (l’odierna Tokyo) la ricetta più vicina al sushi. Hanaya Yohei è l’ideatore del nigirizushi[senza fonte]; fu il primo a servire sul suo banco bocconcini di riso aromatizzati all’aceto con sopra fettine di pesce crudo. Da allora la vendita del sushi per strada diventò un uso diffuso. Una cosa curiosa era la tenda bianca fissata alle bancarelle sulla quale i clienti si pulivano le mani dopo aver consumato il sushi. Un sistema infallibile per individuare il miglior rivenditore era quello di guardare la tenda: più era sporca, più il posto era frequentato e quindi, probabilmente, migliore il sushi.
Da allora, il sushi si è diffuso in tutto il Giappone e in tutto il mondo dando vita a tantissime varianti. Numerose anche le iniziative e gli eventi, come il “Découverte du Sushi“, il Campionato Europeo per la preparazione del sushi fondato nel 2003.

I RISCHI DEL SUSHI
I rischi di questa arte culinaria nascono proprio dall’uso del pesce: Difatti, tossine e parassiti, sono i grandi nemici del “Sushi”
TOSSINE: Alcune forme di sushi, specialmente quelle contenenti il pesce palla fugu e certi tipi di molluschi possono causare avvelenamento da tossine nel caso la preparazione non sia adeguata. In particolare il fugu possiede, all’interno dei propri organi, una dose letale di tetrodotossina; per questo, in Giappone, deve essere preparato da chef provvisti di una licenza rilasciata dal governo dopo il superamento di un esame specifico
Le parassitosi da pesce crudo coinvolgono soprattutto tre parassiti:
-Anisakis, un nematode responsabile dell’anisakiasi
-Diphyllobothrium o botriocefalo, un cestode responsabile della difillobotriasi
-Clonorchis sinensis, un trematode responsabile della clonorchiasi.
Le infezioni vengono prevenute mediante cottura e congelamento del pesce a determinate temperature per un’adeguata quantità di tempo; la marinatura, la salatura e l’affumicatura possono ridurne il rischio, tuttavia non lo eliminano